Corre forte Dindo e ogni volta che sale sul podio l’idea di fare il pilota diventa un po’ più concreta. Non è più solo un sogno, è un obiettivo. È chiaro a tutti che ha le doti giuste. Chi lo guarda in pista rimane stupito.“ Quando ho capito che avrei potuto farcela? Probabilmente fin dal primo test con la Formula Fiat Abarth. Non avevo neanche la patente, solo il foglio rosa. Fino a quel momento avevo guidato, come tutti, la Cinquecento della mamma, eppure nell’abitacolo di quell’auto da corsa ho sentito qualcosa. Avevo paura, ma è stato tutto naturale. Spostare l’obiettivo in avanti è stato facile”. Appena prende la patente fa la scuola federale CSAI, oggi Scuola Federale ACI Sport, per diventare pilota. Gli istruttori non hanno dubbi.
In tanti gli chiedono cosa avrebbe fatto se non questo. Difficile trovare una risposta. Prima di raggiungere il professionismo fa altri lavori, tutti legati al mondo delle auto. L’istruttore nelle scuole di guida sportiva, poi le gare e con loro le difficoltà, le stesse che hanno tutti i piloti che, come lui, non hanno budget personali o di famiglia. Lì inizia a capire quanto sia difficile, non tanto intraprendere, quanto proseguire quella carriera. L’amore per le gare endurance sbucò all’improvviso,
quasi per caso. “ Quando arrivai alla Formula 3, già alla seconda o terza gara partivo in pole position. Potevo fare bene, ma la mia vera battaglia era con i budget. Lì mi sono reso conto che avevo bisogno di un supporto esterno. Un supporto che non ho mai avuto. Ho corso per diverse stagioni perdendo, non dico la voglia, ma la motivazione, quella sì".